Erri De Luca, La doppia vita dei numeri, a cura del liceo Lombardi di Airola (BN)

IL LIBRO

Assenza ed attesa: sono loro le due protagoniste della ghost-novel di De Luca. L’assenza che dondola nell’aria, che martella il viso e t’insegue; poi l’attesa, che è condizione incerta, come un’alba pallida, situazione forse possibile di  beckettiana memoria, il tutto plasmato in un dialogo di parole evocate che si fanno ricordo, viaggio contrario a quello dei sogni. Il testo è una pièce “personale” in tre atti sul rapporto fra i vivi e i morti, in una circostanza speciale, l’ultimo giorno dell’anno, in cui la realtà, ad un tratto, si fa onirica. Mentre fuori Napoli esplode, la volontà di giocare ancora con i genitori defunti fa avvenire una “convocazione” da parte di un fratello e di una sorella: lei è un’incorreggibile tradizionalista, lui, introverso e burbero, non sopporta l’“ammuina”. I genitori “convocati” arrivano inavvertiti, più giovani dei loro figli, ma, come le cose che contano, sono visibili solo all’anima ed al cuore, non all’occhio. Si svolge, così, una tombola a quattro, piena di battute, dal forte valore mnemagogico, in cui ognuno guarda, metaforicamente, anche le cartelle dei genitori. I numeri estratti, collegati tra loro dal filo affabulante dell’esistenza (l’ultimo, in una sorta di rovesciamento orwelliano, sarà l’1, l’Italia, il nome della  domestica morta ), sono pretesti per ritrovare gli eventi più sghembi di un tempo lontano: una doppia vita dei numeri dà una seconda occasione anche alle persone che non ci “stanno” più e tutto sembra avere un senso, proprio perché, forse, non ce n’è alcuno. Scevro da ogni commozione e malinconia, il testo  celebra la rivincita della scrittura sulla vita, che diventa una possibilità altra: scrivere è far accadere le cose e farle durare oltre la vampata fuggevole del ricordo improvviso; è come correre da un amore pericoloso; è evocare e svuotarsi di sé per lasciarsi abitare. Le pagine piene di dialoghi, che, in quanto  pura fisicità e suono, sono la forma meno cervellotica e più animalesca della comunicazione linguistica, diventano una stanza dell’esistenza. La sintassi è mossa, quasi terremotata, perché De Luca  non è uno scrittore italiano, ma“ in italiano”. La sua lingua è una carezza ruvida, le parole miste (napolitaliane) non sono mai lisce, in quanto rivelano sempre quel passaggio dal napoletano, in cui pensa e sente, e l’italiano, lingua seconda, in cui scrive. Restano una sorta di bisogno del soprannaturale, di quell’apparato di seconda vita e di vita intorno (defunti e fantasmi compresi), ed un’energia positiva che non esclude nulla, neanche di ritrovarsi, ad un tavolo, con chi non c’è più. Infine, Napoli, la città dell’ascolto, con cui c’è qualcosa di irrisolto, una voglia, quasi escatologica, di farci i conti: come un amore lasciato andare a cui si vuol tornare, ma che non ti fa tornare, se non nella scrittura.  (Erri De Luca, La doppia vita dei numeri, Feltrinelli 2012).

LA CITAZIONE

«Sei sempre stato scarso negli affetti. Tieni la scrittura e metti tutto lì dentro. Fuori di quella non vuoi bene a nessuno, neppure a te stesso”». (p.37)

S(HORT) M(EMO OF THE) S(TORY). Ammuina, assenza e attesa. Convocazione  per giocare alla vita sulla ruota di Napoli. Parole e numeri ke fanno tornare ed accadere ricordi. Se li hai, nn muori.

IL PERSONAGGIO

Napoli
Radice fortissima,timbro di rughe e mosse;
nobilissima e bordello, tellurica e strapazzata.
Città di assistiti, insonnia ed aldilà,
dove il sacro peppéa.
Lasciala e non ti farà tornare;
scrivila e torna lei uguale uguale.
Ammuina e ascolto, mimica e pelle;
le sue voci son lingua di mamma.
Ti uccide o ti addormenta;
è lei che bagna il mare della sua pacienza, frutto di vulcano.
E’ parte del corpo: ci stai dentro, eppure è lei che abita te.
Tutto qua.
Chi è dato più non si può dare

a cura del Liceo classico Lombardi, Airola (Benevento)

immagine per Erri De Luca, La doppia vita dei numeri

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