IL LIBRO.
Una mattina in cui tutto a borgo San Giuda sembra procedere come ogni giorno, la slitta di Beppe Formento, attesa come sempre per le dieci, si presenta vuota, trainata da un solo cavallo. È il momento in cui l’apparente equilibrio del paese e dei suoi abitanti si rompe definitivamente. San Giuda, apostolo protettore dei senza speranza, ha forse abbandonato i suoi fedeli? L’albero ghiacciato appena fuori il villaggio è intriso del sangue di undici cadaveri che insieme sembrano formare un repertorio delle morti più orribili e temute: pedofilia, overdose, traffico di organi, cancro, Al Qaeda, la crosta di pane incastrata in gola, l’ossido di carbonio della stufa difettosa, il morso di uno squalo… Né gli extraterrestri, né la fine del mondo, né la radioattività possono essere spiegazioni adeguate a quanto è avvenuto quella mattina nel bosco, né a quanto accade nello stesso istante a Trento alla dottoressa psicologa Giovanna Gassion, a cui senza alcuna motivazione plausibile si riapre sulla mano una cicatrice vecchia di quindici anni. È proprio a lei che Don Ermete, parroco della chiesa di San Giuda, chiede aiuto. Don Ermete, unica guida spirituale dei paesani, che sente di dover rimanere sul luogo per evitare che le conseguenze della strage facciano deflagrare situazioni di disagio già molto gravi: Lorenzetto con la sua schizofrenia, il clan dei Formento, sempre più distaccati dalla comunità parrocchiale, Terenzio e Giuliano Antonaz in lite per la vita di Cecco, il pappagallo veggente… L’arrivo in paese di Giovanna, già indirettamente coinvolta dal suo ex fidanzato che sta indagando sul caso, sembra non riuscire ad arrestare la pazzia collettiva che si sta impadronendo del borgo, preso da un male dell’anima presente da ben prima del tragico evento. Fanno eccezione Zeno Formento, che, confidatosi con lei, riesce a liberarsi delle sue più radicate paure e a prendere le redini della famiglia, e Lorenzetto, a cui sono finalmente date le cure necessarie. L’intrecciarsi delle loro vicende porta Don Ermete e Giovanna a confrontarsi circa l’accaduto. Fede? Scienza? Psicologia? A cosa affidarsi per risolvere il mistero? Se cercare di comprenderlo è inutile, accettarlo, questo sì, si può fare. Ciò che più colpisce il lettore in questo romanzo è senza dubbio la messa in scena del confronto secolare tra l’uomo e il male, e la reazione del primo nei confronti del secondo. E cosa può un misero essere umano, con le sue debolezze, le sue paure, le sue ossessioni, contro la potenza di qualcosa che mira a riaprire proprio tutte le sue ferite? Assolutamente niente. Può soltanto accettare quello che è, quello che ha fatto, perdonarsi e ritrovare la giusta prospettiva. Veronesi, attraverso le riflessioni profonde dei suoi personaggi, riesce a far immedesimare il lettore nei protagonisti di questa strana vicenda, inducendolo a meditare sui propri limiti, mostrandogli allo stesso tempo che è possibile superarli. Non a caso l’autore stesso sostiene che «se esistono le parole per dirlo, è possibile». (Sandro Veronesi, XY, Fandango, Roma 2010, pp. 367)
LA CITAZIONE.
«Adesso che sapevo quel che c’era da sapere, avvertivo con chiarezza che l’urgenza maggiore non riguardava la sovrumana prova di forza che era stata data in quel bosco, ma la reazione che ognuno di noi, su questa terra, era in grado di opporvi».
S(HORT) M(EMO OF THE) S(TORY).
Quando i tuoi incubi escono dai sogni, l’orologio smette di girare, la scienza non dà risposte, la fede non basta più…o stai diventando matto, o stai leggendo XY.
IL PERSONAGGIO.
Una strage e tutto si sblocca: la psiche di Zeno, nipote di Beppe Formento, esce dalla lunga pausa in cui si era rifugiata. Un’esistenza scura e grigia ritrova i suoi colori, il tasto “play” è stato premuto, il nastro ricomincia a scorrere; grazie al nuovo dramma Zeno si riappropria della sua vita, prendendo le redini della famiglia, quando il resto del borgo si abbandona alla follia.
a cura del Liceo classico Plauto, Roma